19 dicembre 2012
La mia idea per la mia Italia non è quella di correre dietro a irrealizzabili impegni dei primi 100 giorni di governo, un impegno inconsistente ed insignificante, e non è quello di indicare un almanacco infinito di problemi da risolvere, ciascuno dei quali con almeno centomila contestazioni, spiegazioni, situazioni incrostate e incancrenite. L’Italia non è quella che è per qualche riforma sbagliata o per qualche azione politica equivoca o per la pervicacia negativa di uno. Se avanza la pervicacia negativa di qualcuno, se si evincono quotidianamente una miriade di azioni politiche equivoche, se i tentativi di riforma risultano spesso sbagliati è perché l’Italia è quella che è: cioè, un sistema politico bloccato dalla immutabilità e dalla immarcescibilità della prima Repubblica, un sistema medievale di vassallaggio statico legittimato dalla politica dei blocchi e dalla paura della minaccia nemica. È come se il nucleo centrale del sistema politico italiano si fosse fermato e lampi e fuochi magnetici si fossero scatenati sulla nostra socialità e sulla nostra civiltà. I leader che si sono succeduti negli anni seguenti il crollo del 1993, non hanno mai cambiato Repubblica perché si sono inseguiti, volendola vedere positivamente, a arginare le falle e a spegnere le fiamme. Tanti pompieri provetti, nessun ingegnere. Sono mancate le riforme, non quelle generiche per gestire l’emergenza, ma quelle strutturali per riattivare il nucleo, per ridare movimento al sistema, per permettere la sperimentazione, il miglioramento autopoietico (cioè determinato da automatismi vitali) della politica italiana. Una politica Riformista deve impegnarsi, al governo o al parlamento, su quelle Riforme strutturali in grado di riattivare il nucleo, farlo girare di nuovo e permettere agli automatismo di tendere a un complessivo equilibrio il nostro sistema sociale. Questa è la più nobile funzione della politica in qualsiasi contesto si applichi: reggere in equilibrio la crescente complessità sociale (economica, politica e culturale). Cosa possibile soltanto in una società che è in condizione di governare il cambiamento. Si può governare il cambiamento solo se i tre fattori strutturali che garantiscono il dinamismo politico sono funzionanti. I 3 fattori strutturali che determinano in modo autopoietico la morfologia (e quindi il dinamismo) di un sistema sociale sono:
Credo che il senso profondo di una politica riformista, non sia ricorrere il doloroso almanacco delle infinite urgenze. Io credo che una politica riformista significhi incidere decisamente sugli elementi strutturali, i 3 addensatori di energia sociale, in grado di riattivare i processi selettivi della politica italiana negli uomini, nelle risorse e nelle idee. Solo se si riformano questi tre fattori strutturali si passa ad un’altra Repubblica. Altrimenti ci si perde nelle copiose pagine di un programma senza priorità, un catalogo senza logica, per definizione non credibile perché impossibile e senza una visione complessiva delle esigenze di sviluppo sociale. Il potere, diceva Bertrand Russell, sta alle scienze sociali come l’energia alla fisica. Questo è lo spirito delle mie idee per la mia Italia. Non avendo un modo e un luogo in cui proporle, le affido a voi nella speranza che vengano considerate. |