Alessandro Ceci Maenza 14 febbraio 2013
Anche se sono state il prodotto di una causa scatenante; anzi, proprio se sono state la conseguenza di un fatto a noi ancora ignoto, le dimissioni di papa Benedetto XVI del cardinale Ratzinger sono l’espressione di un potere estremo: giacché proprio la rinuncia al potere più alto è la forma di potere più radicale. Sia chiaro quella forma di potere non è soltanto la sua, è anche, se non principalmente, la nostra; e la esercitiamo ogni giorno quando rinunciamo “alla diuturna fatica dell’ambizione personale”, quando lasciamo gli altri a disputarsi un privilegio, come succede in questa campagna elettorale, quando rifiutiamo la spregevole lotta per ogni supremazia individuale, personale. Certo, quel potere radicale, estremo, lo esercitiamo anche noi. Ma Lui, con quel gesto di disprezzo travestito da modestia, annulla con un colpo di spugna l’ombra sovrastante di Giovanni Paolo II, la lascia relegata alla cronaca dimentica, imprigionata in una lunga lista di papi più o meno buoni, e si iscrive irreversibilmente nella memoria storica. È questa la vendetta di Ratzinger, il suo più definitivo atto di insubordinazione e il suo potere ultimo: il potere del figlio che ammazza il padre e, in qualche modo, lo cancella, non solo dalla vita, ma anche dalla morte. Ratzinger rinunciando ad essere papa Benedetto XVI per i mali e la corruzione della Chiesa, occulta e denuncia Wojtyla, che è rimasto papa Giovanni Paolo II nonostante quei mali e, per molti versi, grazie a quei mali. Ratzinger rinunciando ad essere papa Benedetto XVI per debolezza del corpo e peggio ancora dell’anima, occulta e denuncia Wojtyla, che è rimasto papa Giovanni Paolo II nonostante la evidente malattia e, per qualche aspetto, grazie a quella malattia. E se il Papa è la voce di Dio in terra, è Dio stesso che denuncia la Sua Chiesa e l’acquiescente Giovanni Paolo II, Cardinale Wojtyla. Eccolo il potere radicale, estremo ed ultimo del cardinale Ratzinger fatto Papa Benedetto XVI: il potere incontrovertibile di Dio che denuncia, con la sua rinuncia, tutti i suoi predecessori artefici e/o testimoni, comunque colpevoli al cospetto di Dio stesso e, dunque, al suo cospetto che di quel Dio è ancora l’unico rappresentante in terra. Nell’affermare: “come posso governare io che non conosco il peccato”, anche solo perché non ho più la forza nel corpo e, peggio ancora, nell’animo per combatterlo, condanna tutta intera la Chiesa e chi l’ha governata, condanna coloro che hanno contrastato i suoi disperati tentativi di riformarla, salva la pelle e si erge ad indiscutibile ed unico riferimento etico, morale e religioso, per ogni potere e per ogni credente, nei secoli dei secoli. La sofisticata e tremenda vendetta di Ratzinger si consuma nell’autoesaltazione del ritiro e nel silenzio della modesta preghiera. Mira a vedere la sua santificazione in vita. Forse dubita di poter assistere dall’aldilà. Probabilmente tra qualche mese compirà dei miracoli o gli usciranno le stimmate. |