Lettera aperta al segretario del Partito Democratico PierLuigi Bersani sul Golpe Acquiesciente

Il Golpe Acquiescente

 

Terracina 30 novembre 2011-11-30

 

Caro Bersani,

                         tecnicamente parlando, visto che va alquanto di moda, il Governo Monti è stato nominato con un morbido ed acquiescente golpe.

Ci sono 3 situazioni inequivocabili e inconfutabili che connotano il golpe:

  1. inutilità del voto: l’elettorato, l’ultima volta che è stato consultato, ha votato per un Presidente del Consiglio e per la Sua coalizione. Non per il parlamento né per i parlamentari. Quindi né l’uno né l’altro avrebbe potuto modificare – e in questo caso addirittura cambiare – il mandato elettorale. Ci sarebbero volute, inevitabilmente, nuove elezioni. Le dure regole della democrazia vanno rispettate, da tutti, tanto più da un partito che fa dei valori democratici la sua ragione di esistenza. Questo meccanismo elettorale equivoco, opportunamente denominato “porcellum”, ha fatto oggettivamente perdere il carattere parlamentare alla nostra democrazia costituzionale; a meno che non si voglia sostenere l’astruso argomento che la forma giuridica sia più importante della sostanza democratica, cioè che la Costituzione sia più importante della Volontà Popolare. Pertanto ora ci troviamo nella imbarazzante situazione di un elettorato che ha eletto direttamente una maggioranza di governo che non governa perché qualcun altro, e comunque una sparuta minoranza di cittadini, senza alcuna legittimazione democratica, ha stabilito per tutti qual è il bene di tutti e ha deciso, su tutti, di non tener conto della Volontà Popolare formalmente espressa.
  2. discrezionalità della nomina: l’altra tipica condizione golpista è quella di un governo eletto da parlamentari che non sono stati eletti. I militari che occupano le strade di una nazione con i blindati e le armi, nominano un governo di fortuna. Nessuno ha eletto loro al ruolo che occupano. Nessuno ha eletto il governo che governerà. I militari sono stati nominati sulla base della affiliazione al corpo e, da nominati, nominano illegittimamente un governo estraneo ai cittadini. Anche i nostri parlamentari, che come i militari golpisti nessuno ha eletto e tutti sono stati nominati sulla base della affiliazione al partito o al capo, hanno nominato a loro – visto che non avrebbero mai potuto eleggerlo – un Governo estraneo ai cittadini. I nostri parlamentari, che hanno occupato il parlamento sulla base della forza di affiliazione che è l’arma moderna della relazione responsiva (che ha definitivamente sostituito il rapporto di rappresentanza nella democrazia della comunicazione), hanno nominato un governo utile a farli restare parlamentari ancora per qualche anno, giudicando in modo totalmente autoreferenziale inutile e inopportuna – forse perché scomoda – una nuova elezione. Pertanto ci troviamo nell’assurda situazione in cui una minoranza di cittadini mai eletti decidono che non conviene essere rieletti e quindi nominano un Governo che li porti a conclusione mandato. Con la stessa logica e lo stesso metodo potrebbero decidere che quel mandato è troppo breve e quindi allungarlo fino a data da stabilire. O fino a che morte non sopraggiunga, come ha già fatto Hugo Chàvez in Venezuela.
  3. insignificanza della politica: il terzo tipico connotato del golpe è che il Governo Monti è stato votato alla cieca, senza che nessuno sapesse cosa dovesse fare, almeno ufficialmente, con un atto di fede, sulla base di un fondamentalismo tecnocratico che non ha nulla a che vedere con la civiltà democratica liberale e socialista europea. E ancora oggi, dopo circa 10 giorni dalla nomina del Governo, non si sanno i contenuti della manovra economica, sulla base dei quali quel Governo avrebbe dovuto ottenere o meno la fiducia.

 

Ma possibile che a nessuno viene in mente che forse il problema italiano sia proprio in questo ormai ricorrente, e per molti versi ricorsivo, deficit democratico? Possibile che nessuno pensi che il vero deficit, che produce altri deficit, sia per noi quello che riguarda la democrazia? E perché un partito, che si richiama al principio democratico, non proclama il pensiero democratico? Perché non si impegna sulla discussione e i valori, contenuti e connotati della democrazia moderna?

 

Tutti gli argomenti ascoltati, fin qui, rispetto a questa palese “sospensione della democrazia” nell’Italia degli ultimi tempi partono dal presupposto di necessità dovuto alla impellente crisi finanziaria che ha travolto il paese. La democrazia non è il problema, è la soluzione ad una crisi che non è economica, ma politica.  E che una crisi politica così ampia sia governata da economisti tecnici è un’altra delle comicità italiane. Una crisi politica prodotta e malamente gestita dai governi europei della destra; da cui stanno uscendo solo gli USA grazie al coraggio politico di chi ha assunto difficili decisioni di sinistra. Ma, se i politici non servono quando ci sono i problemi ed anzi abdicano la loro soluzione a chi manifestamente è più bravo di loro, a che servono? Se devono chiamare un altro per fare le riforme che loro non riescono a fare, perché non si dimettono?

La nomina con l’acquiescente golpe della società della comunicazione del Governo Monti è la più grande delegittimazione del nostro ceto politico. Una delegittimazione autoproclamata. Crisi propagata, poiché è proprio la delegittimazione politica di istituti e istituzioni nazionali la causa della crisi.

 

Il fatto è, come ho già scritto altrove,  che nemmeno questo governo tecnico sarà in grado di risolvere una crisi politica. Ma forse qualche cosa di utile può fare.

Una delle sindromi ricorrenti nel crollo dei regimi democratici, così come ce li descrisse molti anni fa Claus Offe è la nullificazione della differenziazione tra individuo e Stato, tra pubblico e privato. Anzi, più specificamente, se la “politica democratica è il ponte tra cittadino e stato”, quando comincia il declino dei regimi democratici quel ponte perde di solidità, finché non crolla e molta parte della politica si trasferisce “in quest’area scarsamente istituzionalizzata dove lo Stato entra in contatto fisico con il corpo e la psiche degli individui”. È quel che ha fatto Berlusconi grazie al regime monocratico della televisione, sfruttando a suo vantaggio l’avvento della società della comunicazione.

Lo stile del governo Monti, molto pubblico proprio perché poco pubblicizzato, in questo è un valore in sé. Un modo per ricostruire il ponte tra le Istituzioni e i cittadini, in modo da allontanare gli individui e i loro interessi dallo Stato. Ma questo non vuol dire che il Golpe, sebbene dolce e acconsentito, sebbene acquiescente ed alla fine acquisito, non ci sia stato. E questo golpe carezzevole sarà la causa dell’insuccesso della tecnocrazia con cui sempre si tenta di gabellare la democrazia. 

 

Spero che questo contributo, per quanto fuori linea, possa favorire un confronto interno di cui si sente un gran bisogno. Una delle carenze della politica moderna è la carenza di significato delle parole. La politica è da sempre confronto tra significati. In un’epoca di transizione epocale, con l’avvento della società della comunicazione, riformulare i significati della democrazia, nel tentativo di ricominciare a produrre pensiero progettuale, che non sia soltanto programmatico, credo sia una esigenza forte per la politica. Il dibattito è sempre stato il luogo della selezione della classe dirigente. Se manca il confronto manca ogni possibilità di comprensione e di produzione delle idee. Questa possibilità manca agli iscritti. Non c’è più un luogo dove si possa discutere. Il silenzio è uno degli emblemi dell’assenza di democrazia.

 

Fraterni Saluti

Alessandro Ceci

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