Lettera aperta sullo sguardo di Medusa sulla politica italiana

LO SGUARDO DI MEDUSA NELLA POLITICA ITALIANA

Alessandro Ceci

Maenza, 13 novembre 2012

Lo sguardo di Medusa è il potere della comunicazione, come disse una volta Vernant: “nel suo ghigno, l’orrore terrificante di un’alterità radicale nella quale tu finisci per identificarti, diventando pietra[1].

L’alterità radicale di Berlusconi, che ha pietrificato tutti coloro che vi si sono identificati.

L’alterità radicale di Grillo, che sta pietrificando tutti coloro che vi si identificano.

 

Medusa era mortale e difatti morì decapitata da Perseo. Era una bella e spavalda fanciulla trasformata da Athena, offesa, in un mostro che aveva per capelli serpenti viventi. Il suo sguardo attraeva chiunque, chiunque calamitava con una luce ipnotica. Ma ogni volta che qualcuno la guardava, se la fissava, veniva immediatamente trasformato in pietra, in una statua di pietra. Il suo potere era tutto in quello sguardo magnetico. La forza di Medusa era il paradosso: essere bella e orribile, attraente e distruttiva. Attrae ancora ed ancora distrugge; perché lo sguardo di Medusa è dietro di noi, dentro la politica italiana, con la sua strutturale ambiguità, con la sua maschera, simbolo di una rappresentazione estrema e terrificante, raffigurazione della differenza assoluta e dell’assoluto potere.

Medusa non è l’altro da me, ma il me diverso, il me diviso, il nostro essere e il nostro apparire, la maschera che ci fa da scudo e che al tempo stesso è la nostra arma, la possibilità e la capacità di ogni rappresentazione, perfino ciò che non può essere rappresentato, come il potere che nomina chi non dovrebbe essere nominato.

Medusa è la nostra alterità, l’autorappresentazione dell’estremo, la negatività assoluta, il nichilismo che assorbe ogni pensiero e immobilizza, o che viene sparato con lo sguardo laser, per pietrificare chiunque minimamente si identifichi, e imprigionarci nella  mostruosa inerzia dell’umanità.  Tutto va male, tutto è illegale, tutto illegittimo, ovunque distruzione, corruzione, inganno, incompetenza, crollo, declino, degenerazione. Poiché il male è onnipresente e onnicomprensivo, ogni atto, ogni azione, ogni speranza è inutile e inutilizzabile. Restiamo tutti pietrificati dallo sguardo coinvolgente e identificativo di Medusa: l’unica mortale che distrugge i mortali per tentare di diventare immortale.

Medusa vive ovunque e lancia ancora il suo sguardo potente sulla politica italiana.

Siamo stati tutti pietrificati da un potere devastante, dalla nullificazione del pensiero critico, che il berlusconismo ha imposto con il controllo delle televisioni. Non appena abbiamo reagito, il volto di Medusa è ricomparso, fuori e dentro il tubo catodico, dentro proprio perché fuori dalla inquadratura delle telecamere, sulla rete, nella icona telematica ben più volgare e violenta di Beppe Grillo. È lo stesso potere, la stessa maschera di Medusa che, se guardi dritta negli occhi, ti blocca, annulla ogni tua argomentazione e ti pietrifica alla incontrollata e incontrollabile ragione di uno slogan emozionale e deridente. Pretende radicalità in cambio della fama di un giorno.

E non ha pudore.

In politica il processo di pietrificazione si chiama omologazione. Il dramma di ciò che sta avvenendo con il Movimento 5 Stelle, oltre alla denigrazione brutale contro i dissenzienti, al di là della malcelata voglia di protagonismo dei militanti, è il processo di omologazione ossessiva, appunto di pietrificazione, dei suoi dirigenti. È un fatto storico avvenuto per ogni movimento fascista in crescita. Non sono mai riusciti a superare la soglia del consenso politico (in genere si attesta attorno al 20% di voti). Una volta ottenuto il massimo storico, per non perdere la purezza e la dipendenza dal capo, iniziano un processo di omologazione che dai militanti si estende ai cittadini. È lo sguardo di pietrificazione della maschera di Medusa. E lo fanno senza pudore, senza preoccupazione delle contestazioni che, viceversa, rafforzano la propria illusione di alterità radicale, la propria apparente diversità evangelica. Berlusconi ne ha avuto minor bisogno, perché ha sempre avuto il potere sulla comunicazione. Si è potuto permette il lusso di essere meno volgare. Grillo ha più bisogno di essere triviale, irruento, ansioso, perché quella baldanza devastante è il suo sistema di appropriazione dei mezzi di comunicazione di massa. Ma sono uguali, identici nella loro ostentata diversità, ugualmente radicali, con lo stesso ghigno orribile, con lo stesso orribile sguardo pietrificante della identificazione.

D’altronde, il potere mediatico moderno fa questo: ti omologa nella illusione della tua diversità; reclama la tua alterità per pietrificarti su un qualsiasi facebook o sullo schermo autoriflesso di un video, sulla vetrina di commercializzazione della verità, nel marketing della propria identità, nella proiezione della propria rappresentazione senza rappresentanza.

Il potere mediatico della comunicazione pretende una radicalità esclusiva ed escludente, in cambio della fama apparente, un giorno di notorietà come attestazione emblematica della nostra nullificazione.

E con il suo ghigno malefico pietrifica la tua energia vitale.

È un potere terrificante perché invisibile, perché morale, spesso giudizioso, colmo di buone intenzioni, le stesse che lastricano tutte le vie per l’inferno. Tante buone volontà, tutte interamente fideistiche, tutte occasionalmente applaudite per essere legittimate, tutte totalmente omologate.

È un potere terrificante di cui bisogna avere paura, tremenda paura, perché ti assorbe con le sue buone ragioni, con le sue false e fastidiose giustificazioni. Sei tu preso dal video, è la tua stessa maschera che ti guarda, o meglio, “è il tuo sguardo che è preso nella maschera che ti cattura[2]. Quando guardi il tuo profilo su un social network ottieni “l’effetto maschera semplicemente guardandoti negli occhi[3]. Sei la figura di te, ma non sei un figurante; è “come se questa maschera non avesse lasciato il tuo volto, non si fosse staccata da te per fissarsi di fronte a te, come la tua ombra o il tuo riflesso, senza che tu possa staccartene[4].

 

 

Marco Revelli[5] ci ricorda che l’attributo del potere moderno per Elias Canetti è il “comando di fuga[6], l’estraneazione da sé che ogni minaccia produce.

Berlusconi lo ha fatto cacciando Fini.

Grillo, molto più modestamente, lo sta facendo emarginando la povera Federica Salsi.

Entrambi esercitano il comando di fuga, “una sentenza di morte, la quale costringe la vittima a fuggire[7]. I loro linguaggio è pieno di morte: i politici sono finiti, le televisioni sono obsolete, i libri non servono più, i vecchi sono da rottamare, le discussione sono noiose, le concettualizzazioni sono verbose, le idee retoriche. È sempre lo stesso comando di fuga del potere fascista e monotono della omologazione. Nella società della comunicazione la tirannide è ogni forma espressiva autoreferenziale: i vecchi vanno eliminati perché io sono giovane, le discussioni sono inutili perché io non discuto, le televisione sono da frantumare perché non mi ospitano, la coerenza è retorica perché impegnativa. È sempre la interessata autoreferenzialità di Platone che voleva i filosofi al potere perché lui era un filosofo. Lo stesso vale per gli imprenditori o per i comici che, non potendo autodefinirsi burloni, si proclamano cittadini comuni.

La  democrazia non è così. La democrazia è complessità. La democrazia è autopoietica.

Se l’autoreferenzialità si riferisce a se stessi, l’autopoiesi si riferisce alla vita: vita che genera altra vita. Non c’è stata alcuna sentenza di morte nelle primarie americane e non c’è stata mai in ogni competizione elettorale. Nella democrazia il perdente non è mai perduto. Si può legittimamente sostenere una propria ragione minoritaria, si può scegliere di essere marginali senza sentirsi emarginati, estraniati, ripudiati. Nessuno ci costringe a fuggire, nessuno ci fa sentire vittima. Il comando c’è, certo. Il potere pure. Ma non pietrifica il dissenso, non omologa a se stesso i suoi adepti. Anzi, chi più ha omologato (come Mitt Romney) ha più perduto.  Nella democrazia non c’è alcun comando di fuga, per nessuno, per nessuna generazione, per nessun genere, per nessuna etnia. Nessuno straniero è estraneo, nessuno è ospite. Siamo tutti cittadini con la eguaglianza dei diritti, anche se non abbiamo uguali doveri.

Lo sguardo di Medusa ha pietrificato per anni la sinistra italiana. Chiunque esprimeva un dissenso riceveva un comando di fuga; e alla fine ciascuno si è fatto un partito per sé.  E, in modo perfettamente autoreferenziale, tanti più partiti si frantumavo altrettanto si estendevano i comandi di fuga. Avevano diritto di cittadinanza politica soltanto coloro che venivano pietrificati dalla logica della nomenclatura, del partito o del leader. L’autopoiesi, la capacità di generare vita politica era riservata all’area cattolica democristiana con la scusa della occidentalizzazione.

Oggi, nell’era della società della comunicazione e dell’epipower[8], grazie a Berlusconi e a Grillo, le parti si sono invertite. Il totalitarismo autoreferenziate è interamente loro, tutto intero dentro alla destra conservatrice italiana, che cerca disperatamente di riprodurre livelli ulteriori di se stessa. Tutti quelli che sono andati in televisione hanno parlato di Berlusconi. Grillo non fa parlare nessuno per essere il solo referente e il solo riferimento. Il trend di democrazia auto poietica, che genera vita dalla sua vita, sta a sinistra. Non so bene perché. Saranno forse le primarie che ci fanno decidere chi deve decidere. Sarà che la democrazia è partecipazione. Sarà che la democrazia produce partecipazione e la partecipazione produce democrazia. Sarà come sarà ma non possiamo perdere questa occasione per bloccare ogni comando di fuga e sfuggire dallo sguardo pietrificante di Medusa.    



[1] Vernant Jean-Pierre, LA MORTE NEGLI OCCHI – Figure dell’Altro nell’Antica Grecia, Il Mulino, Bologna 1988. Citato in Revelli Marco, I DEMONI DEL POTERE, Laterza, Bari 2012

[2] Vernant J. P., cit., 1988

[3] Vernant J. P., cit., 1988

[4] Vernant J. P., cit., 1988

[5] Revelli M., cit., 2012

[6] Canetti Elias,MASSA E POTERE, Rizzoli, Milano 1972

[7] Canetti E., cit., 1972

[8] Ceci Alessandro, COSMOGONIE DEL POTERE, Ibiskos, Empoli 2012

 

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